Descrizione
Oggi, per una parte consistente dell?opinione pubblica mondiale, Israele ? diventato sinonimo di un male emendabile solamente attraverso la sua dissoluzione. Versione aggiornata della soluzione finale hitleriana, questa prospettiva non ? solo prerogativa del radicalismo islamico ma ? il pensiero dissimulato o esplicito di una buona parte dell??lite politica e intellettuale europea. A settantaquattro anni dalla fine della seconda guerra mondiale, l?Europa dei ?congedi? (post-cristiana, post-illuminista, post-postmoderna), considera Israele un anacronismo da cancellare, ovviamente in nome del progresso. Un progresso che si declinerebbe teleologicamente nel superamento degli Stati nazionali, di tradizioni consolidate, di confini territoriali, culturali o identitari forti. Ambigui sensi di colpa e terzomondismo, culto dei diritti umani e antirazzismo elevati a religioni secolari, sono le forze che, abbinate a un antisemitismo mai scomparso dal suolo europeo, hanno spinto Israele nel girone dei dannati, trasformando gli arabi e i musulmani in umiliati e offesi. Si tratta di un?unica traiettoria, in cui l?odio di s? dell?Occidente, e in particolare dell?Europa nei confronti di s? stessa, ha portato all?esito devastante e paradossale di fare di Israele un capro espiatorio e dei nemici della democrazia e del liberalismo interlocutori privilegiati.